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Il racconto dell'acqua

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Messaggio  antheo Dom 15 Mag - 9:58

Si è concluso ieri 14 maggio 2011, il convegno studio “ Il racconto dell’acqua”.
Una Due giorni di incontri e dibattiti tenutasi a Giarre, presso la sala congressi e mostre di Via Calderai, nei quali si è discusso dei sistemi storici di fruizione dell’acqua e della relazione tra questa e l’uomo nel territorio ionico-etneo.
Alla prima serata, dedicata ai saluti ed alla presentazione dell’evento hanno partecipato i sindaci dei Comuni di: Giarre, Mascali, Piedimonte Etneo, Riposto e Sant’Alfio.
Diverse le autorità ed i tecnici del settore presenti.
Molto interessante la seconda serata, nella quale si è entrati nel vivo delle argomentazioni da trattare.
Molti ed importanti i relatori che si sono succeduti al microfono e che hanno spiegato l’acqua nei vari aspetti, da quello tecnico scientifico a quello sociologico a quello economico.
Ha aperto i lavori Salvatore Patanè, che ha trattato i bacini imbriferi di Cubania e di monte Frumento;
Paolo Sessa ha detto delle niviere e dei mulini ad acqua di Milo;
Antonino Pavone ha Spiegato come l’acqua sia un patrimonio importante che va tutelato e razionalizzato nell’uso;
Mario Settineri, per Cittadini Protagonisti, ha parlato della storia di Piedimonte legata com’è, indissolubilmente, all’acqua.
Erano presenti ed hanno preso la parola : Salvo Quattrocchi, WWF; Rosario Raciti; Vincenzo Cozzubbo, Archeoclub; Gaetano Bonanno; Teodoro Laconica; Carmela Cappa, Beni Culturali.

Riportiamo alcuni stralci dell’intervento di Settineri:

“”Cittadini Protagonisti ha volentieri accettato di collaborare con l’iniziativa “Il racconto dell’acqua” realizzata dalla Dott.ssa Cappa e dai suoi collaboratori Genio Civile a dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali, ritenendo l’argomento proposto di grandissima attualità.
Il tema dell’acqua, infatti, oltre ad avere un interesse storico è anche motivo di odierno dibattito tant’è che a breve saremo chiamati ad esprimerci con un referendum sulle future modalità di gestione di questa primaria risorsa.

Vediamo adesso come la storia dell’acqua s’interseca con la storia di Piedimonte Etneo.

Volendo Ignazio Gravina de Cruyllas Principe di Palagonia costruire un nuovo paese, si accorse che la contrada “Bardelle”, nel feudo di Calatabiano, a 363 metri sul l/m, aveva tutte le caratteristiche per accogliere nuove popolazioni e creare così un nuovo centro abitato.
Questo sito, che si feconda degli ardori dell’Etna e si specchia sul mare Ionio, ricco di fresche e chiare acque, era quanto di meglio si potesse desiderare per dare vita ad una nuova realtà abitativa.
Perciò le prime case furono costruite in contrada detta “Castiddaci”, luogo che si affaccia sul torrente “Zammataro”, dalle cui fenditure scaturiscono copiose vene d’acqua.
Ed è questa, l’acqua, la più grande ricchezza di Piedimonte, la quale sgorga abbondantemente un po’ ovunque sulle alture del nord-est del paese.

Addirittura c’è una leggenda che narra di un grande fiume che scaturiva dall’Etna e che il vulcano per vendetta l’abbia interrato, cosicché l’acqua impedita nel suo naturale deflusso, trovava sbocco in tante e diverse sorgive.
Seppur disperse, direbbe il poeta, ei tornar d’ogni parte.
La leggenda si fonda alla storia e ci narra di come poi le acque siano riemerse a Cottone e come, a causa delle sue origini montane, fossero particolarmente fredde, tanto da dare il nome di Fiumefreddo a quell’agglomerato di case che sino ad allora si chiamava Putieddi, Botteghelle.

Un’altra leggenda ci racconta di monaci che trasportavano a dorso di una mula un’icona della Madonna.
Giunti in quel di Vena, in un terreno di proprietà di Santa Silvia, madre di Papa Gregorio I, sostarono per riposarsi, allorché la mula, scalciando, fece fuoriuscire una copiosa vena d’acqua.
I monaci, gridando al miracolo, in quel preciso punto vollero costruire un Santuario.
Queste alcune leggende piedimontesi legate all’acqua.

Perché questa grande quantità d’acqua fosse portata in paese, fu necessario costruire un acquedotto che per l’imponenza della mole e la lunghezza del tracciato, fu per lungo tempo oggetto di stupore e di ammirazione da parte degli abitanti dei paesi limitrofi.
I resti di questa struttura sono ancora visibili per lunghi tratti ed alcuni spezzoni sono stati fotografati e fanno parte della documentazione esibita.

Ma realmente dell’abbondante presenza d’acqua trasse beneficio l’attività lavorativa, l’agricoltura e l’allevamento del bestiame, che da subito furono le basi dell’economia del nuovo paese.
In breve tempo Piedimonte si trasformò in un lussureggiante sito di verde e di profumi; la gioia popolare per tale quantità del prezioso liquido portò alla coniazione di un detto che in siciliano, meglio in piedimontese, suonava così: ch’asciasti l’acqua? Che vuol dire: hai trovato l’acqua per essere così contento?

Ovviamente i vantaggi non si limitarono solo all’agricoltura e all’allevamento del bestiame, ma, per esempio, con l’acqua venne azionato un mulino che si trovava nella parte alta del paese e che da esso prese il nome: contrada Mulino, appunto!
L’esistenza di questo mulino favorì lo sviluppo dell’attività cerealicola e granaria, che arrivò a rivaleggiare addirittura con quella degli agrumicoltori.
I residui di questa antica struttura sono ancora visibili a quanti, ancorché viandanti frettolosi, si trovino a passare per quella frazione.

L’acqua fu anche sfruttata come forza motrice per l’attivazione dei Mangani, strumenti necessari nella lavorazione del lino.
Lavorazione che per un certo periodo fiorì a Piedimonte.
L’importanza di tale realtà economica è sottolineata dal fatto che il paese dedicò ben due vie a questi utensili; Via Mangani Soprani e Via Mangani Sottani, che ancora fanno parte della toponomastica della città.

Nella parte bassa del paese, in una traversa di Via Forni, si trovava il Lavatoio comunale, una serie di Pile, una accostata all’altra, nelle quali le massaie potevano lavare i panni e sciorinarli poi al sole perché asciugassero.
La miopia di una amministrazione comunale l’ha demolito e ha realizzato in sostituzione una villetta.
Non entriamo nel merito di come sia tenuta la villetta, avete potuto vederlo dalle immagini proiettate, in ogni caso era il lavatoio una struttura che aveva valore monumentale e andava preservato.
Ma perché ciò avvenisse ci sarebbe voluta ben altra sensibilità.
Noi del Movimento Cittadini Protagonisti, ci attiveremo per cercare di recuperare questo pezzo di storia del nostro paese.

A causa di spaventosi terremoti verificatisi all’inizio del secolo scorso (terremoto di Messina 1908) la portata d’acqua diminuì notevolmente, si ruppero le vene idriche che alimentavano la sorgiva di Cavo Vecchio, facendo venire meno la fuoriuscita del prezioso liquido.
Conseguentemente ciò provocò l’impoverimento dell’economia cittadina, non potendo più contare sulle attività agricole che tanto benessere avevano portato al paese.
Ma il terremoto risparmiò la sorgente di Cavo Nuovo situato un po’ più in alto, e questi continuò ad erogare l’acqua per i bisogni domestici del paese.

Comunque l’acqua a Piedimonte è stata sempre sufficiente, e la dimostrazione è data dalle innumerevoli fontanelle pubbliche che da sempre ornano il nostro paese.
Pur essendo moltissime vogliamo qui ricordarne solo alcune, le più prestigiose:
- La fontana del Pupo o Fonte Vecchio;
- La fontana della Guglia o Fonte Nuovo;
- La fontana Villa situata dietro la chiesa Madre ed oggi inesistente;
- La fontana della Lapitedda in via del Convento detta anche di “Fabrizio” per avervi trovato la morte
annegando un ragazzo di nome Fabrizio;
- Le Tre Fontane nella Frazione di Presa, che ha dato il nome ad una compagnia teatrale di grande
prestigio.
Oltre a tante fontane anche molti abbeveratoi, se ne contano a decine, (alcuni li abbiamo visitati con gli studiosi, durante la loro visita a Piedimonte):
- Uno si trova nel piano Cappuccini o Convento;
- Uno in Via Difesa;
- Uno in Via bardelle;
- Altri ce n’erano a Presa e a S. Gerardo, a Vena è ancora funzionante una mirabile struttura in pietra
lavica.
In questi abbeveratoi si dissetavano gli armenti ma si attingeva anche acqua potabile per uso domestico.
Durante il sopralluogo mi si faceva notare come gli abbeveratoi fossero posti alla fine dei centri abitati, significava la necessità dei proprietari delle bestie di farle abbeverare al rientro dai lavori nei campi prima di ricoverarli nelle stalle.
Com’è facile capire la storia di Piedimonte Etneo è strettamente connessa alla storia delle sue acque. L’oro bianco, la sua unica ricchezza.
Solo l’uso corretto dell’oro bianco potrà fare sì che Piedimonte tragga beneficio da tale fantastica risorsa.
A conclusione di questo mio sintetico intervento vorrei leggere una poesia che, sempre in tema di acqua, il poeta Francesco Raciti ha dedicato alla fontana di la Ugghia.

La Fontana Di La Ugghia

Di na funtana jù vogghiu parrari
Un monumentu di tant’anni arreri
Di nostri occhi s’appi a cancillari
E scurdari si vosi lu pinseri.

L’arti c’aveva, tutta la mustrava,
e cu ‘n’aveva occhi non ciancìa,
quannu si dissi ca si sdirrupava,
di la genti un lamentu si sintìa.

La fonti, cu culonna e simmitrìa,
l’arti di lu scappeddu dimostrava,
li quattru facci ca idda tinìa,
lu cori a lu viventi rinfrescava.

Lu carritteri, ‘nta lu so caminu,
arrivatu ni idda si firmava,
si pigghiava l’acqua ddu mischinu,
ppi quannu lu cavaddu abbivirava.

La fimminedda di bonu matinu,
cu la quartara l’acqua carriava,
u vechiu, lu carusu e lu vicinu,
‘m’prucisioni dda, tutti s’annava.

Sciatu e ristoru dasti a tutti quanti,
sutta ddi raggi d’un suli cucenti,
Ora ristau sulamenti:
na nica fonti, un salici piangenti.

Al convegno di Giarre, seguirà una mostra itinerante del materiale documentario raccolto che porterà “il racconto dell’acqua” anche a Piedimonte, sarà l’occasione per tanti nostri concittadini di riscoprire il valore di un elemento importantissimo per la vita di tutte le comunità.

Nel realizzare in suo intervento Settineri ha fatto riferimento al testo del Sac. Don Paolo Cannavò.

antheo
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